martedì 19 aprile 2016

Registrato il nuovo Statuto del Partito del Sud





Il giorno 19 aprile all'Agenzia delle Entrate, alla sede territoriale di Roma 2 - Aurelio, con N. 3458 e Serie 3, è stato registrato il nuovo Statuto del Movimento con il nuovo Logo del Partito del Sud.
Presto il Nuovo Statuto sarà disponibile e consultabile sul sito nazionale:
dove invitiamo tutti gli iscritti e simpatizzanti di Roma e del Lazio, perché sul sito nazionale ci saranno anche le notizie della sezione laziale del PdSud (che è possibile ricercare dalla sezione "Notizie dai Territori" - Lazio) ed il blog territoriale verrà progressivamente abbandonato e non più aggiornato e infine sarà chiuso.


Per la Segreteria Organizzativa Nazionale

Vincenzo Riccio

giovedì 17 marzo 2016

Il 17 marzo noi non festeggiamo!!!


Probabilmente non esisterebbe il Partito del Sud se non fosse stato per lo shock dovuto alla scoperta di cosa realmente è stato il cosiddetto “risorgimento” per il meridione d’Italia. Tant’è che anche nello statuto del Partito Del Sud è presente un punto che sottolinea la nostra linea identitaria, culturale e storica e non a caso a livello nazionale il Partito del Sud nacque proprio a Gaeta quasi 10 anni fa e non a caso il nostro movimento nacque proprio dopo iniziative locali nella stessa Gaeta del nostro Antonio Ciano che lì già da anni parlava di questi argomenti storici in ottica revisionista e fu il primo autore di un libro polemico e sanguigno come “I Savoia ed il massacro del Sud” che ha avuto parecchi lettori e molti di questi che si sono avvicinati, anche dopo questa lettura, alla causa meridionalista. E non è la prima volta che parliamo e protestiamo contro l'istituzione di una festa nazionale il 17 marzo....

In effetti parecchi di noi sono rimasti colpiti dalla scoperta di una verità a lungo nascosta dalla storiografia ufficiale e mai studiata a scuola, di sapere di stragi, di fucilazioni sommarie, la legge Pica, l’eccidio di Bronte, l’assedio di Gaeta, Casalduni e Pontelandolfo, Fenestrelle, etc etc, tutti episodi oramai ben noti e sui quali non ci interessa disquisire a lungo su numeri e sui fatti, una cosa in sintesi oramai è certa e nota a molte più persone di anni fa, la storia non è quella che ci hanno raccontato di “liberatori” venuti dal nord e che ci hanno portato “libertà” e “progresso”. Certo non vogliamo esagerare cifre, numeri e fatti e lasciamo agli storici il compito di continuare ad indagare, senza preconcetti o verità precostituite, non vogliamo nemmeno basarci su questi fatti per rivendicazioni nostalgiche o impossibili ritorni al passato, ma la nostra Storia è importante e va studiata, approfondita e compresa per bene, senza trascurare alcune fonti e accettarne solo altre e senza liquidare un periodo importante come quello del Regno delle Due Sicilie con le sue (molte) luci ed (alcune) ombre solo in base alla lettura del vincitore piemontese e garibaldino.
Se consideriamo la lista delle stragi post-unitarie, soprattutto quelle commesse nel nome della cosiddetta “guerra al brigantaggio”, questa è lunghissima, e non è per mancanza di rispetto che non citiamo altri luoghi martiri per la mano sanguinaria del “fratello d’Italia” giunto dal Piemonte con il fucile carico, e parlante una lingua sconosciuta, e che da fratello proprio non si è comportato….su questi argomenti oramai c’è una letteratura molto vasta, alla quale si sono aggiunti negli ultimi anni giornalisti e storici seri come il nostro amico Gigi Di Fiore e soprattutto persone semplici ma oneste e con la voglia di spulciare archivi e fonti d’epoca come il nostro Presidente Onorario Antonio Ciano, un antesignano del revisionismo meridionalista.
Uno dei luoghi simbolo di questa tragedia nascosta è il Real Ponte Borbonico, gioiello di arte e di architettura, voluto da un grande Re come Ferdinando II col suo napoletanissimo “lassate fa ‘o uaglione”, dette l’incarico a Luigi Giura.  E’ per noi un luogo simbolo per tante cose,  innanzitutto dimostra una volontà ed una grande capacità tecnica e realizzativa che avevamo nel nostro ex Regno con il primo ponte sospeso in Italia e nell’Europa continentale, e paragonata alla povertà di strutture di oggi del nostro Sud questo ci dice tante cose, ma il Ponte è anche il luogo di un’ importante battaglia tra borbonici e piemontesi, con una strenua difesa dei “nostri” soldati rimasti fedele al loro Re e che parlavano napoletano o abruzzese o pugliese o calabrese. Questi nostri soldati che avevano prima respinto i garibaldini e poi inizialmente sul Garigliano avevano ben difeso le postazione e respinto i primi attacchi dei bersaglieri piemontesi, furono costretti a ritirarsi solo dopo l’abbandono della nave francese e l’arrivo delle navi piemontesi che iniziarono a cannoneggiare i borbonici che furono così stretti tra due fuochi; fu l’ultima battaglia prima poi di Mola e dell’assedio di Gaeta, quindi la battaglia sul Garigliano fu tra gli ultimi episodi della  resistenza all’invasore di un Regno all’epoca riconosciuto da tutti gli Stati e trattati internazionali.
Abbiamo saputo che proprio presso il “nostro” Real Ponte sul Garigliano, che ha resistito parecchi altri decenni e addirittura fino alla 2 guerra mondiale quando fu bombardato e solo recentemente ben restaurato, sarà nei prossimi giorni oggetto di un evento. Quest’evento fatto proprio di 17 marzo, data di proclamazione di quel Regno d’Italia che di fatto fu un estensione territoriale del Regno di Sardegna aggressore del Sud (non a caso Vittorio Emanuele II restò Vittorio Emanuele II e la prima legislatura del neonato Regno d’Itala fu l’VIII legislatura…) , fatta proprio lì sul Ponte e che vuole ricordare i 155 anni dell’unità d’Italia,  a nostro avviso manca di rispetto alle migliaia di meridionali e non che si sentono offesi da questa data utilizzata come ricorrenza.
Non per rinnegare un’unità oramai raggiunta, anche se ancora scarsamente praticata nei diritti fondamentali, ma noi ci sentiamo offesi dal festeggiare il 17 marzo, offesi da una festa che osanna un aggressore che ha stuprato donne e bambini fin sopra gli altari sacri delle chiese dove si erano rifugiati i nostri contadini, ha massacrato anche preti e vecchi,  donne e bambini che ha bruciato vivi nelle loro umili case. Erano i nostri avi, il nostro popolo. Una festa inopportuna, e inopportunamente voluta in uno dei luoghi simbolo di quello che a mezzogiorno ancora non è perdonato del tutto e ancora non è ben digerito, soprattutto se poi all’origine del colonialismo  del belpaese che ci ha visti sempre come “briganti o emigranti”. Un luogo oserei dire SACRO il nostro Real Ponte sul Garigliano, un po’ come lo è il fiume Sand Creek (per un episodio di strage avvenuta singolarmente negli stessi anni guarda caso…) per i nativi americani. E un po’ come festeggiare Hitler davanti al museo dell’olocausto di Tel Aviv o davanti ai cancelli di Auschwitz oppure festeggiare Ataturk nella strade di Armenia. Perlomeno inopportuno, se vogliamo essere buoni e un pugno nello stomaco bello e buono al meridione, alla sua storia e alla sua gente. Noi il 17 marzo non festeggiamo!
Ci meraviglia molto intanto, che tale iniziativa venga promossa proprio da chi della storia e dell’archeologia ne fa un mestiere. E il coinvolgimento delle scolaresche locali, per incidere ancora una volta su quella storia scritta dai vincitori che studiano a scuola e un altro pugno nello stomaco per chi come noi vorrebbe studiare la vera storia, e non quelle favolette eroiche deamicisiane che nulla hanno a che fare con la storia.

Per rispetto alla nostra storia e alla nostra identità, senza nessuna volontà nostalgica o separatista e nel pieno rispetto delle leggi del nostro paese, noi protestiamo contro questa festa irriverente che avrà luogo la mattina del 17 marzo e contro chiunque vuole festeggiare questa data e ricorrenza per noi nefasta ed anzi invitiamo pacificamente i nostri iscritti e simpatizzanti a manifestare con noi in loco contro questa festa, come già fatto in passato a Gaeta ed in altri luoghi. 
Il 17 marzo noi del Partito del Sud non festeggiamo!




Antonio Rosato & Enzo Riccio
Partito del Sud - Lazio

http://partitodelsud-roma.blogspot.com
www.partitodelsud.eu

martedì 15 marzo 2016

Il socialismo democratico rinasce in USA con Bernie Sanders...e in Europa? E in Italia?

Nobody who works 40 hours a week should be living in poverty.

(berniesanders.com)



Leggendo questo slogan sul sito di Bernie Sanders quasi non ci credevo...allora mi sono incuriosito e sono andato a leggere il programma e alcune dichiarazioni del candidato democratico che ha il coraggio di sfidare alle elezioni primarie in USA la candidata democratica più forte Hillary Clinton, di certo sostenuta dall'establishment del Partito Democratico americano e da alcuni "poteri forti" e lobbies. e soprattutto di sfidare quell'America reazionaria e maccartista che ancora oggi è diffusa e trova negli atteggiamenti clowneschi del candidato  repubblicano Donald Trump la sua incarnazione più genuina (purtroppo...) e secondo il mio personale parere quella che è davvero più inquietante.

Ebbene andando a leggere un po' di punti programmatici e un po' di dichiarazioni davvero non si puo' rimanere che stupiti e ammirati per un candidato che non ha mai smentito la sua dichiarata natura di "socialista", ecco alcuni dei punti che mi hanno più colpito:

1) più tasse per i ricchi e per le transazioni finanziarie, al fine di avere un istruzione universitaria gratuita e una copertura sanitaria pubblica di base per tutti, praticamente l'allargamento e superamento del programma di Sanità pubblicata già avviato molto a fatica da Obama;
2)  un nuovo programma "new deal" di investimenti pubblici per ammodernare le infrastrutture e soprattutto per creare nuova occupazione;
3) tassare più pesantemente le emissioni di CO2 non solo per reperire nuove risorse ma soprattutto per favorire uno sviluppo economico sostenibile e rispettoso dell'ambiente;
4) eliminazione o almeno revisione di tutti quei trattati internazionali di libero scambio come NAFTA (o il futuro nefasto TTIP...) che di fatto non hanno ne' arricchito i paesi emergenti ed in via di sviluppo ne' hanno favorito i lavoratori dei paesi più ricchi, come gli USA nel caso del NAFTA ma potremmo parlare di vari accordi Europei coi paesi extraeuropei molto attuali in questi giorni, che si sono visti ridurre il salario o diminuire i posti di lavoro con una concorrenza al ribasso, hanno favorito sempre e solo multinazionali, la grande distribuzione e la finanza globale.

Incredibile....negli USA c'è chi ha il coraggio di parlare di tasse e del bisogno di più tasse per chi guadagna di più, cosa del resto stabilito anche nella nostra Costituzione repubblicana ma che a Berlusconi a Renzi oramai è diventato demode'..., , c'e' chi ha il coraggio di ribadire l'importanza dell'educazione e di almeno una sanità di base accessibile a tutti e non solo per i ricchi, c'è chi ha il coraggio di lottare contro Wall Street in casa loro....e noi?

Se si guarda il quadro europeo e quello italiano in particolare, il confronto è davvero desolante....soprattutto per il belpaese ed il centro-sinistra (???) di governo renziano, sempre più ambiguo e sempre più democristiano, nel senso più deleterio del termine ahime'....

Credo che alcuni punti di socialismo democratico di Sanders dovrebbero essere adottati anche dalla sinistra europea ed italiana senza il timore di essere considerati dei pericolosi "comunisti" ma nella consapevolezza che oramai il capitalismo globale, le multinazionali e le oligarchie finanziarie hanno allargato e stanno allargando sempre più il divario tra i più ricchi e i più poveri ed è in corso un gigantesco programma di impoverimento della classe media europea, già avvenuto nella società americana. E ovviamente questo gap sempre più largo non e' sostenibile nel medio periodo e può portare a conseguenze davvero disastrose, sia per l'equilibrio democratico con pericolose tendenze neonaziste e razziste che si diffondono in tutta Europa sia per la pace interna e internazionale.

Il Partito del Sud secondo me dovrebbe sostenere queste posizioni socialiste o per meglio dire social-democratiche che difendono la classe media sempre più impoverita ed in definitiva i più deboli, è necessario difenderli da un capitalismo globale e finanziario sempre più rapace ed insostenibile nel medio-lungo termine sia per i lavoratori che per l'ambiente. Il compito della buona politica dovrebbe essere proprio quello di mitigare quest'effetto di evidente squilibrio del "libero mercato", oramai dovrebbe essere chiaro che la "mano invisibile" del mercato non riequilibra affatto le differenze tra ricchi e poveri,come pensavano i padri del pensiero liberista, ma è necessario un intervento dello Stato e della Politica, nel senso alto del termine, per rendere effettivamente democratico e sostenibile il sistema paese e.
E' mai possibile che il rapporto lo stipendio tra un Marchionne e l'ultimo dei suoi operai è passato da 1 a 100 a 1 a 1000 nel migliore dei casi? E' mai sostenibile un'economia con aziende private e banche dove c'e' una ristretta schiera di top manager lautamente ricompensati, a volte anche al di là delle effettive prestazioni e meriti, e una classe impiegatizia sempre più povera e insicura del lavoro? E' evidente in sintesi che bisogna riequilibrare una situazione oramai già insostenibile e difendere le classi medie e meno ricche e dare più e pari opportunità per tutti, in una parola trasformare la società in una vera società democratica di pari opportunità e non falsata da condizioni pre-esistenti di squilibri di classe , di reddito o geografici....oltre che il rapporto tra classi, questo non vi fa venire in mente qualcosa pure sul rapporto tra il nostro Sud ed il resto del paese?


Enzo Riccio
Partito del Sud



lunedì 14 marzo 2016

Bastone e carota - di A. Rosato

I vecchi aneddoti spessissimo sono frutto di saggezza popolare maturata nei secoli sull’esperienza o sul vissuto delle persone. Frequentemente si usano queste massime nel linguaggio comune, con la leggerezza che spesso meritano certi argomenti o per sintetizzare un concetto. Efficacissime, mai banali e sempre attuali. Ma se ci soffermiamo a meditare su di esse possiamo spaziare impiegandole in mille tematiche. Un Bonzo buddista, probabilmente, passerebbe una vita intera a meditare su “bastone e carota” e magari non gli basterebbe una vita sola per darne il più completo e variegato significato e applicazioni. A scuola, sul lavoro, in famiglia e in politica anche. 
Ho  l’impressione che la parola democrazia “applicata” all'italiana celi tutt’altro che una forma di governo dove la sovranità risiede nel popolo, congiuntamente all’uguaglianza ed al rispetto delle leggi, insieme alle libertà individuali che dovrebbero i pilastri di ogni paese che si fregia di questo nobile titolo di "democratico". Ai meritevoli cittadini che onorano questa forma di governo, e che si rispecchiano in essa, che fanno da garanti a tale democrazia con comportamenti esemplari quotidiani, dovrebbe essere concesso loro uno zuccherino, "la carota" per l’appunto. Chi invece trasgredisce le regole, sconfina nella libertà altrui, non rispetta le leggi e le regole democratiche, dovrebbe ricevere una punizione educativa che lo rimetta in carreggiata, "il bastone" di conseguenza. Per fare un esempio pratico e sintetico: chi paga le tasse dovrebbe ricevere un bravo, e chi invece evade le tasse, a scapito di tutta la comunità, andrebbe sanzionato come le leggi di questo o quel governo democratico prevedono. Quando si sconfina nella libertà altrui normalmente si creano dei problemi o addirittura dei veri e propri danni. Come chi, ad esempio, pur avendo un servizio per la raccolta dei rifiuti si ostina a buttare per strada scarti di ogni genere che inquinano per sempre l’ambiente e possono far ammalare le persone. Queste persone forse non hanno ben chiaro ne' il concetto di democrazia, ne' tanto meno il concetto di legalità e di società. E allora lo strumento necessario non può essere la tolleranza o leggi cosi complesse che spesso si arenano come l’onda quando incontra la sabbia. Per queste persone, fossi io un amministratore, provvederei una sorta di punti come quelli che si scalano sulla patente quando si commettono infrazioni più o meno gravi irriguardose del codice della strada. Oltre ad una sanzione, spesso prevista, equa al reddito e allo stile di vita dell’individuo, io scalerei dei punti che andrebbero a gravare sul pagamento della tassa dei rifiuti. Se beccato e multato sul posto come prevede la legge, io toglierei un numero di punti in base alla gravità dell’azione fatta. La domanda sorge spontanea: “ ma questi punti a che servono?”

Questi punti andrebbero ad aumentare una percentuale annua sulla tassa individuale dei rifiuti. Più punti, più paghi in percentuale i rifiuti che ti vengono a togliere sotto casa. La stessa cosa si potrebbe applicare a quelle aziende che sfruttano manodopera straniera, che lavora dalla mattina all’alba alla sera al tramonto nei campi per la raccolta di pomodori o frutta che sia. Oltre alla sanzione prevista, dovrebbe avere l’obbligo di regolarizzare tutti i lavoratori con stipendi, orari, contributi etc etc, e versati ad un ufficio preposto che da garante poi girerà al lavoratore i compendi maturati. In modo anche da evitare che si fa un contratto sulla carta e poi il lavoratore riceve di fatto in contanti la metà dal disonesto caporale o datore di lavoro. Qualche volta “bastone e carota” viene usato per estremizzare dei concetti che poi sconfinano loro stessi in ipotesi punitive o repressive come quelle tanto sbandierate dalla Laga Nord ad esempio. Non è questo che vogliamo intendere, e non è questo che vogliamo. Ma usare gli strumenti che la democrazia ci mette a disposizione per portare legalità, uguaglianza collettiva e avvicinarci quanto più possibile a quello straordinario concetto di democrazia che da molto tempo e deviato su forme di tolleranza giuridica o dietrologia amministrativa giustificatoria che non sanziona i cittadini o ospiti,  che si comportano male, e non rassicura o premia quei cittadini che invece da democratici si comportano e che da certi comportamenti o certe decisioni vengono ingiustamente penalizzati o addirittura colpiti in alcuni casi. Essere un paese civile e democratico non vuol sicuramente sostenere, giustificare o chiudere un occhio su alcuni comportamenti che ledono la libertà o la salute altrui pensando di andare, forse, ad urtare la suscettibilità di taluni. Anche l’accoglienza e la tolleranza che ci contraddistingue nel mondo, sia per l’efficacia, sia per i risultati che quotidianamente si riscontrano con i migranti, non vuol dire che se tra di loro qualcuno si comporta male questo debba essere giustificato o tollerato. Se qualcuno si comporta male se ne assume le conseguenze come qualsiasi cittadino italiano, senza però creare quella forma razziale e fascista che mina la realtà e la credibilità del nostro paese e che infanga la costituzione molto spesso. Anche la detenzione spesso non è quello strumento educativo che dovrebbe essere, ma è altresì vero che le pene non vengono espiate in Italia. Qualcosa e da rivedere sicuramente nel sistema carcerario, ma soprattutto quello giuridico c’è. E di sicuro il buonismo o la tolleranza verso chi delinque non rende onore ad un paese democratico. Semplicemente perché va a ledere la libertà degli altri e sfregia la sovranità del popolo. Difendiamo la nostra democrazia, tuteliamo la nostra costituzione e le sue leggi. Sorvegliamo e custodiamo la libertà di stampa e di parola che fa di noi quel paese libero e svincolato finalmente, da ogni forma di totalitarismo che è anacronistico e fuori moda in un contesto europeo ed occidentale. Ma attenzione, la vigilanza e la cultura della democrazia e d’obbligo. Altrimenti movimenti che possono minare tutto ciò possono rispuntare fuori come in Francia, come in Germania, come nei paesi baltici o paesi dell’est, dove l’estremismo di destra inizia a montare volteggiando sul malcontento del popolo che vede lesa la sua libertà e suoi diritti a causa di un falso buonismo che non rende omaggio e non tutela quella parola tanto amata che è “DEMOCRAZIA”. 

Antonio Rosato
Coord. Regionale PdSUD per il Lazio

giovedì 18 febbraio 2016

La lingua italiana….ed alcune riflessioni sul napoletano e siciliano ( di A. Rosato)


Sebbene il ruolo della lingua italiana non sia contemplato nella Costituzione, si è provveduto nel 1999 a legiferare qualcosa in merito che avesse come scopo sia quello di tutelare le minoranze linguistiche, sia quello di unire lo stivale almeno linguisticamente. L’art. 1 della legge n. 482 del 15 dicembre 1999 dice e ordina al popolo italiano che la sola lingua ufficiale è l’italiano. 
Seppur, come detto, la tutela delle minoranze linguistiche sarde (anche qui parliamo di una lingua...), albanesi, slovene, croate, germaniche, franco-provenzale, greche, occitane, ladine, friulane, perfino catalane  sono tutelate,  non c’è il napoletano e il siciliano, che, seppur lingue riconosciute dall’UNESCO,  non sono tutelate dalla legge n.482 sopracitata. Questo se mai ve ne fosse bisogno testimonia la sensibilità che le istituzioni riservano al meridione. E parliamo di napoletano e siciliano che non possono essere considerati dialetti,  ma sono "Lingue" vere e proprie, di cui del primo ad esempio abbiamo prime tracce già nella lingua osca a Pompei nel 79 d.c..
Ma il napoletano, il siciliano e le loro varianti come dialetti meridionali,  possiedono una ricchissima tradizione letteraria, ad iniziare da quel documento del 960 del famoso "Placito di Capua" considerato il primo documento in lingua italiana, seppur di fatto, poi, è in napoletano. Nel medioevo, a Montecassino, i monaci benedettini furono particolarmente sensibili all’interesse letterario e a alla pubblicazione di manoscritti che già nel XI secolo erano in volgare e napoletano il cui pregio stilistico fu eguagliato solo tre secoli dopo da poeti toscani come Dante ad esempio, che utilizzò in qualche occasione, a quanto sembra, anche lui lo stile e la lingua appena descritti . Le stesse prose di San Benedetto ne sono la testimonianza storica letteraria.  L’inizio del volgare si affinò e i poeti siciliani nel XIII secolo, piantano i semi nel terreno di quella che successivamente maturò come letteratura italiana vera e propria, aprendo una nuova ed importante era letteraria italiana. 
Chi conosce Basile, ed ha letto il suo capolavoro tradotto successivamente da Benedetto Croce, “Lu Cunto dè li Cunti”, non farà fatica a capire quanto detto fin’ora, e non farà fatica a capire che la prosa e la letteratura meridionale sono l’impianto  di quella che solo oggi conosciamo come lingua italiana. Mi fa specie che tutta questa popò di storia, cultura letteraria autoctona non venga riconosciuta dallo stato alla stessa maniera del croato o albanese. Possiamo parlare greco o tedesco in Alto Adige se vogliamo, e redigerne anche documenti ufficiali in quei posti o comuni dove queste lingue sono tutelate. Ma guai se scritte in napoletano o siciliano seppur lingue parlate da oltre 12 milioni di persone. Mi fa specie che per legge dovremmo promuovere, parlare e scrivere in lingua italiana, ma poi sono per primi i parlamentari a trasgredire a questa legge. 
Basta pensare alla valanga di termini inglesi..."Stepchild adoption", si legge e sente in questi giorni a proposito di Unioni civili, "Welfare" tanto di moda nei palazzi della politica romana, jobs act, spread, il Premier (una volta Presidente del Consiglio) ma adesso forse fa più figo Premier...ticket, bond, addirittura TROIKA, che all’inizio sembrava una parolaccia, e potremmo riempire pagine e pagine di termini che non dovrebbero essere utilizzati per legge. 
Ma il Napoletano no. Il siciliano guai. Anche nello sport l’inquinamento anglofono prende piede facendo prendere di fatto ancor di più le distanze da quelle lingue che una volta si esportavano da sole all’estero in letteratura, canzoni, teatro etc etc. Quella che da bambino ricordavo come Pallacanestro, adesso e Basket. Quello che una volta era “'O pallone”, il calcio, adesso è football. Quando si ascoltava la radio “tutto il calcio minuto per minuto” si aspettava il calcio di rigore e si discuteva sul fuori gioco e il successivo gol venuto da un calcio d’angolo. Adesso sono diventate Penalty, off side, corner. Carnera e Nino Benvenuti erano dei pugili che tenevano sveglia l’Italia intera. Adesso sarebbero dei boxeur. Eppure se vai in Giappone, Vietnam, Nuova Zelanda o Russia conoscono “ 'O Sole mio” scritta nel 1898 parola per parola, “'O surdato 'nnammurato” del 1915, “Santa Lucia” del 1848, “Te voglio bene assaje” del 1839,  “Ciuri ciuri” del 1833 e tante altre ancora, sono state, e forse lo sono ancora,  la sola lingua italica conosciuta fuori dallo stivale. Eppure conosciuta e riconosciuta all’estero, ma straniera e condannata in patria a favore di altre lingue lontanissime da noi e che ancora non tutti comprendono in Italia. 
Penso che la coscienza identitaria che c’è in ogni uno di noi, dovrebbe prevalere e non permettere la distruzione di un patrimonio genetico culturale che ci appartiene visceralmente. Dobbiamo sforzarci di insegnare ai nostri figli la nostra lingua, la nostra cultura, la nostra storia. 
Il dialetto o meglio la lingua nostra, soprattutto nel caso di napoletano o siciliano, non è una vergogna o un segnale di ignoranza, bensì un patrimonio immenso che va preservato e tramandato. Rispettiamo quello che ci impone lo stato e usiamo la lingua italiana. Ma chiamiamolo fuori gioco invece che off side. Giochiamo a pallacanestro invece che a Basket. Assieme ai libri in lingua madre in inglese, compriamo e leggiamo ai nostri bambini “Lu cunto degli cunti”. E agli insegnati non penso sia vietato, ad esempio, preparare i bambini a recitare prima del pranzo di Natale davanti a papà e mamma,  una poesia di Salvatore Di Giacomo dedicata al Natale. Lingua italiana imposta non vuol dire cancellare millenni di cultura. Tutti possiamo fare qualcosa, e se iniziamo ad usare qualche parola in inglese di meno e la lingua dei nostri padri in più, forse renderemo un servigio all’umanità e ai nostri posteri che forse apprezzeranno più di quanto magari si immagina oggi. L’identità, la cultura, le tradizioni, la letteratura, la sua storia, non può essere cancella da nessuno, e tutti noi abbiamo il dovere di preservarla e il diritto di divulgarla. Da un secolo e mezzo subiamo questa oppressione culturale, e ancora oggi facciamo tanta fatica a darle il peso che meriterebbe. I tempi non sono ancora maturi al cento per cento, ma come diceva de Filippo “ adda passa a nuttata”.


Antonio Rosato